TITOLO II

Del fallimento

CAPO I

Della dichiarazione di fallimento

Art. 5. Stato d’insolvenza – I. L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito.

II. Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Art. 6. Iniziativa per la dichiarazione di fallimento (1) – I. Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.

II. Nel ricorso di cui al primo comma l’istante può indicare il recapito telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge.

 

 

(1) Articolo sostituito dall’art. 4 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 6. Iniziativa per la dichiarazione di fallimento – I. Il fallimento è dichiarato su richiesta del debitore su ricorso di uno o più creditori, su istanza del pubblico ministero oppure d’ufficio.

 

Art. 7. Iniziativa del pubblico ministero (1) – I. Il pubblico ministero presenta la richiesta di cui al primo comma dell’articolo 6:

1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;

2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.

 

 

(1) Articolo sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 7. Stato d’insolvenza risultante in sede penale – I. Quando l’insolvenza risulta dalla fuga o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore, il procuratore della Repubblica che procede contro l’imprenditore deve richiedere il tribunale competente per la dichiarazione di fallimento.

 

Art. 8. Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile – (abrogato) (1)

 

 

(1) Articolo introdotto dall’art. 6 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 8. Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile – I. Se nel corso di un giudizio civile risulta l’insolvenza di un imprenditore che sia parte nel giudizio, il giudice ne riferisce al tribunale competente per la dichiarazione del fallimento.

 

Art. 9. Competenza (1). – I. Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.

II. Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza (1).

III. L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nella Repubblica italiana anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero (1).

IV. Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione europea (2).

V. Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o la presentazione della richiesta di cui all’articolo 7 (2).

 

 

(1) Comma sostituito dall’art. 7 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

(2) Comma inserito dall’art. 7 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 9. Competenza – I. Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.

II. L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nel territorio dello Stato anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero.

III. Sono salve le convenzioni internazionali.

 

Art. 9-bis. Disposizioni in materia di incompetenza. –I. Il provvedimento che dichiara l’incompetenza è trasmesso in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il tribunale che dichiara la propria incompetenza (1).

II. Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore.

III. Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti.

IV. Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla corte di appello competente.

V. Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

 

 

(1) Comma modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, pubb. in Gazz. Uff. 16 ottobre 2007, n. 241. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 9-bis. Disposizioni in materia di incompetenza (1). – I. La sentenza che dichiara l’incompetenza è trasmessa in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il tribunale che dichiara la propria incompetenza.

II. Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore.

III. Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti.

IV. Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla corte di appello competente.

V. Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

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(1) Articolo inserito dall’art. 8 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

 

Art. 9-ter. Conflitto positivo di competenza (1). – I. Quando il fallimento è stato dichiarato da più tribunali, il procedimento prosegue avanti al tribunale competente che si è pronunciato per primo.

II. Il tribunale che si è pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la trasmissione degli atti al tribunale che si è pronunziato per primo. Si applica l’articolo 9-bis, in quanto compatibile.

 

 

(1) Articolo introdotto dall’art. 8 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

Art. 10. Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa. – I. Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.

II. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma (1).

 

 

(1) Comma modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 10. Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa (1). – I. Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.

II. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 9 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 10. Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa. – I. L’imprenditore che per qualunque causa, ha cessato l’esercizio dell’impresa, può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo (1).

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(1) Corte cost. 21 luglio 2000, n. 319, ha dichiarato l’illegittimità cost. del articolo, ove non prevede che il termine di un anno dalla cessazione dell’esercizio dell’impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento della società decorra dalla cancellazione della società stessa dal registro delle imprese.

 

Art. 11. Fallimento dell’imprenditore defunto. – I. L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.

II. L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non è soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3) (1).

III. Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.

 

 

(1) Comma sostituito dall’art. 10 del D.Lgs. 9 gennaio 2006. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 11. Fallimento dell’imprenditore defunto – I. L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.

II. L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio.

III. Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.

 

Art. 12. Morte del fallito – I. Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario.

II. Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.

III. Nel caso previsto dall’articolo 528 del c.c., la procedura prosegue in confronto del curatore del­l’eredità giacente e nel caso previsto dall’articolo 641 del c.c. nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’articolo 642 dello stesso codice.

Art. 13. Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti (1). – (abrogato)

 

 

(1) Articolo abrogato dall’art. 11 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 13. Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti.I. I pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari devono trasmettere ogni quindici giorni al presidente del tribunale, nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, un elenco dei protesti per mancato pagamento levati nei quindici giorni precedenti. L’elenco deve indicare la data di ciascun protesto, il cognome, il nome e il domicilio della persona alla quale fu fatto e del richiedente, la scadenza del titolo protestato, la somma dovuta ed i motivi del rifiuto di pagamento.

II. Eguale obbligo hanno i procuratori del registro per i rifiuti di pagamento fatti in conformità della legge cambiaria.

 

Art. 14. Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento.I. L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre esercizi (1), l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

 

 

(1) Comma modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 14. Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento (1). – I. L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 12 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 14. Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento – I. L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili, il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite per i due anni precedenti ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.

 

Art. 15. Procedimento per la dichiarazione di fallimento. – I. Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

II. Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

III. Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. L’esito della comunicazione è trasmesso, con modalità automatica, all’indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente. Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese. Quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso. L’udienza è fissata non oltre quarantacinque giorni dal deposito del ricorso e tra la data della comunicazione o notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni (1).

IV. Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.

V. I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. In tali casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi.

VI. Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

VII. Le parti possono nominare consulenti tecnici.

VIII. Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.

IX. Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.

 

 

(1) Comma sostituito dall’art. 17 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. La modifica si applica ai procedimenti introdotti dopo il 31 dicembre 2013 (art. 17, comma 3, D.L. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 169/2007

Art. 15. Procedimento per la dichiarazione di fallimento (1). – I. Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

II. Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

III. Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.

IV. Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.

V. I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. In tali casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi.

VI. Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

VII. Le parti possono nominare consulenti tecnici.

VIII. Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.

IX. Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 15. Istruttoria prefallimentare (1). – I. Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.

II. Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.

III. Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del quinto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.

IV. Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l’imprenditore depositi una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata.

V. I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.

VI. Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

VII. Le parti possono nominare consulenti tecnici.

VIII. Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.

IX. Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro venticinquemila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 13 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 15. Facoltà del tribunale di sentire il debitore. – I. Il Tribunale, prima di dichiarare il fallimento, può ordinare la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche in confronto dei creditori istanti (1).

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(1) Corte cost. 16 luglio 1970, n. 141, ha dichiarato l’illegittimità cost. dell’articolo ove non prevede l’obbligo del tribunale di disporre la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio per l’esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura di tale procedimento.

 

Art. 16. Sentenza dichiarativa di fallimento (1). – I. Il tribunale dichiara il fallimento con sentenza, con la quale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

2) nomina il curatore;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centottanta giorni in caso di particolare complessità della procedura;

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero 4 per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.

II. La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma.

 

 

(1) Articolo sostituito dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 16. Sentenza dichiarativa di fallimento. – I. La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.

II. Con la sentenza il tribunale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

2) nomina il curatore;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14 (1);

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza (2);

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione (3).

III. La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma (4).

(abrogato il quarto comma) (5).

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(1) (2) (3) Nn. 3, 4, e 5 sostituiti dall’art. 14 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 con effetto dal 16 luglio 2006.

(4) Comma sostituito, con effetto dal 16 luglio 2006, dall’art. 14 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

(5) Comma abrogato, con effetto dal 16 luglio 2006, dall’art. 14 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 16. Sentenza dichiarativa di fallimento. – I. La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.

II. Con la sentenza il tribunale:

1) nomina il giudice delegato per la procedura;

2) nomina il curatore;

3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili, entro ventiquattro ore, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;

4) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, un termine non maggiore di giorni trenta dalla data dell’affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande;

5) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui, nel termine di giorni 20 da quello indicato nel numero precedente, si procederà all’esame dello stato passivo.

III. La sentenza è provvisoriamente esecutiva.

IV. Con la stessa sentenza o con successivo decreto il tribunale ordina la cattura del fallito o degli altri responsabili a carico dei quali sussistano le circostanze indicate dall’articolo 7 o altri indizi di colpevolezza per i reati previsti in questa legge. La sentenza o il decreto è comunicato al procuratore della Repubblica, che ne cura l’esecuzione.

 

Art. 17. Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.I. Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al pubblico ministero (1), al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento. L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza.

II. La sentenza è altresì annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta.

III. A tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel comma precedente.

 

 

(1) Comma modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, il quale ha aggiunto le parole «al pubblico ministero». La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 17. Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (1). – I. Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento. L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza.

II. La sentenza è altresì annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta.

III. A tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel comma precedente.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 15 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 17. Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.I. La sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per estratto, a norma dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno successivo alla sua data. L’estratto deve contenere il nome delle parti, il dispositivo e la data della sentenza.

II. Nello stesso termine, uguale estratto è affisso a cura del cancelliere alla porta esterna del tribunale e comunicato al pubblico ministero, all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione da farsi non oltre il giorno successivo al ricevimento, e alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione il debitore è nato o la società fu costituita.

III. L’estratto della sentenza è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia a cura del cancelliere.

 

Art. 18. Reclamo (1). – I. Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni.

II. Il ricorso deve contenere:

1) l’indicazione della corte d’appello competente;

2) le generalità dell’impugnante e l’elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello;

3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione, con le relative conclusioni;

4) l’indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.

III. Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma.

IV. Il termine per il reclamo decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e per tutti gli altri interessati dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.

V. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l’udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.

VI. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore e alle altre parti entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.

VII. Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni. Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello.

VIII. La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.

IX. L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste.

X. All’udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d’ufficio, nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi di prova che ritiene necessari, eventualmente delegando un suo componente.

XI. La corte provvede sul ricorso con sentenza.

XII. La sentenza che revoca il fallimento è notificata, a cura della cancelleria, al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non reclamante, e deve essere pubblicata a norma dell’articolo 17.

XIII. La sentenza che rigetta il reclamo è notificata al reclamante a cura della cancelleria.

XIV. Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni dalla notificazione.

XV. Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

XVI. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile ai sensi dell’articolo 26.

 

 

(1) Articolo sostituito dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 18. Appello (1). – I. Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giorni presso la corte d’appello.

II. L’appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma.

III. Il termine per l’appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.

IV. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, da comunicarsi al ricorrente, l’udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazione per la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonché un termine alle parti resistenti non superiore a cinque giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie.

V. All’udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, anche d’ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità, la corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni.

VI. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta a norma dell’articolo 17.

VII. La sentenza che rigetta l’appello è notificata al ricorrente.

VIII. Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

IX. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 16 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 18. Opposizione alla dichiarazione di fallimento. – I. Contro la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque interessato possono fare opposizione nel termine di quindici giorni dall’affissione della sentenza (1).

II. L’opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento.

III. L’opposizione è proposta con atto di citazione da notificarsi al curatore e al creditore richiedente.

IV. L’opposizione non sospende l’esecuzione della sentenza.

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(1) Corte cost. 27 novembre 1980, n. 151, ha dichiarato l’illegittimità cost. del comma, ove prevede che il termine di quindici giorni per fare opposizione decorra per il debitore dalla affissione della sent. che ne dichiara il fallimento.

 

Art. 19. Sospensione della liquidazione dell’attivo. – I. Proposto il reclamo, la corte d’appello, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell’attivo (1).

(abrogato il secondo comma) (2)

II. L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.

 

 

(1) Comma modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

(2) Comma abrogato dall’art. 2 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.

Le modifiche (1) e (2) hanno effetto dal 1° gennaio 2008 e si applicano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data della sua entrata in vigore, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 19. Sospensione della liquidazione dell’attivo (1). – I. Proposto l’appello, il collegio, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell’attivo.

II. Se è proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al primo comma o la loro revoca sono chiesti alla Corte di appello.

III. L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.

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(1) Articolo sostituito dall’art. 17 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5. La modifica è entrata in vigore il 16 luglio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 19. Sentenza nel giudizio di opposizione e gravami. – I. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se questi non è opponente, e deve essere pubblicata, comunicata, affissa ed iscritta a norma dell’articolo 17.

II. La sentenza che rigetta l’opposizione è notificata all’opponente.

III. In entrambi i casi il termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della sentenza.

IV. Alla sentenza d’appello si applicano le disposizioni del primo e secondo comma.

 

Art. 20. Morte del fallito durante il giudizio di opposizione (1). – (abrogato)

 

 

(1) Articolo abrogato dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La modifica si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 20. Morte del fallito durante il giudizio di opposizione. – I. Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’articolo 12, osservate le disposizioni degli articoli 299 e seguenti del Codice di procedura civile.

 

Art. 21. Revoca della dichiarazione di fallimento (1). – (abrogato)

 

 

(1) Articolo abrogato, con effetto dal 16 luglio 2006, dall’art. 18 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, pubb. in Gazz. Uff. 16 gennaio 2006, n. 12.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 21. Revoca della dichiarazione di fallimento. – I. Se la sentenza dichiarativa di fallimento è revocata restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento.

II. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale con decreto non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato (1).

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(1) Corte cost. 6 marzo 1975, n. 46, ha dichiarato l’illegittimità cost. del comma, ove nel caso di sent. di revoca della dichiarazione di fallimento, pone le spese della procedura e il compenso al curatore a carico di chi l’abbia subita senza che ne ricorressero i presupposti e senza che vi avesse dato causa col suo comportamento.

 

Art. 22. Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento. – I. Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.

II. Entro trenta giorni (1) dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla corte d’appello (2) che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

III. Il decreto della corte d’appello (3) è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all’articolo 15.

IV. Se la corte d’appello (4) accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d’ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

V. I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della corte d’ap­pello (5).

 

 

(1-5) Modifiche apportate dall’art. 2 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 e che si applicano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente (art. 22 D.Lgs. cit.).

NORMA PRECEDENTE: D.Lgs. n. 5/2006

Art. 22. Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento (1). – I. Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.

II. Entro quindici giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla Corte d’appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.

III. Il decreto della Corte di appello è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all’articolo 15.

IV. Se la Corte d’appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d’ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

V. I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corte d’appello.

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(1) Articolo sostituito, con effetto dal 16 luglio 2006, dall’art. 19 del D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, pubb. in Gazz. Uff. n. 12 del 16 gennaio 2006.

NORMA PRECEDENTE: R.D. n. 267/1942

Art. 22. Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento. – I. Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato.

II. Contro il decreto il creditore istante può, entro quindici giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d’appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il creditore istante e il debitore (1).

III. Se la corte d’appello accoglie il ricorso, rimette d’ufficio gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento (2).

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(1) Corte cost. 20 luglio 1999, n. 328, ha dichiarato l’illegittimità cost. del comma, ove non attribuisce al debitore, nei cui confronti sia stato proposto ricorso per la dichiarazione di fallimento, la legittimazione a proporre reclamo alla corte d’appello avverso il decreto di rigetto di tale ricorso, in relazione al mancato accoglimento delle domande proposte dallo stesso debitore.

(2) Corte cost. 28 maggio 1975, n. 127, ha dichiarato l’illegittimità cost. del articolo, ove nega al fallito la legittimazione a proporre reclamo contro la pronuncia del tribunale che ha respinto l’istanza per la dichiarazione di fallimento di socio illimitatamente responsabile.

 

 

 

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