TITOLO VI

Disposizioni penali

CAPO I

Dei reati commessi dal fallito

Art. 216. Bancarotta fraudolenta. – I. È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

II. La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

III. È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

IV. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Art. 217. Bancarotta semplice. – I. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

II. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

III. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

Art. 217-bis. Esenzioni dai reati di bancarotta. – I. Le disposizioni di cui all’articolo 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis o del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), ovvero di un accordo di composizione della crisi omologato ai sensi dell’articolo 12 della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (1), nonché ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell’articolo 182-quinquies (2) ((e alle operazioni di finanziamento effettuate ai sensi dell'articolo 22-quater, comma 1, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto del 2014, n. 116, nonchè ai pagamenti ed alle operazioni compiuti, per le finalità di cui alla medesima disposizione, con impiego delle somme provenienti da tali finanziamenti.))(3)

 

(1) L’art. 18 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha sostituito le parole “ovvero del piano di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d)” con le seguenti: “o del piano di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d), ovvero di un accordo di composizione della crisi omologato ai sensi dell’art. 12 della legge 27 gennaio 2012, n. 3”. La modifica è entrata in vigore il 19 dicembre 2012, data di entrata in vigore della legge di conversione citata.

(2) Il periodo “nonché ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell’art. 182-quinquies” è stato aggiunto dall’art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. La modifica si applica dal 11 settembre 2012 (art. 33, comma 3, D.L. 83/2012 cit.).

(3) Il periodo "((e alle operazioni di finanziamento effettuate ai sensi dell'articolo  22-quater, comma 1, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto del 2014, n. 116, nonchè ai pagamenti ed alle operazioni compiuti, per le finalità di cui alla medesima disposizione, con impiego delle somme provenienti da tali finanziamenti.))" è stato aggiunto dall'art. 2, comma 7 del D.L. 5 gennaio 2015, n.1, convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 marzo 2015, n. 20. 

 

NORMA PRECEDENTE: L. n. 122/2010

Art. 217-bis. Esenzioni dai reati di bancarotta (1). – I. Le disposizioni di cui all’articolo 216, terzo comma, e 217 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d).

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(1) Articolo inserito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78. La modifica ha effetto dal 31 luglio 2010, data di pubb. sulla Gazzetta Ufficiale, supp. ord. n. 174.

 

Art. 218. Ricorso abusivo al credito (1). – I. Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.

II. La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

III. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.

 

 

(1) Articolo sostituito dall’articolo 32 della legge 28 dicembre 2005, n. 262.

Art. 219. Circostanze aggravanti e circostanza attenuante. – I. Nel caso in cui i fatti previsti negli articoli 216, 217 e 218 hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi stabilite sono aumentate fino alla metà.

II. Le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:

1) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati;

2) se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un’impresa commerciale.

III. Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.

Art. 220. Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito. – I. È punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all’articolo 216, nell’elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l’esistenza di altri beni da comprendere nell’inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli articoli 16, nn. 3 e 49.

II. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.

Art. 221. Fallimento con procedimento sommario. – I. Se al fallimento si applica il procedimento sommario le pene previste in questo capo sono ridotte fino al terzo.

Art. 222. Fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice. – I. Nel fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai soci illimitatamente responsabili.

 

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